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In africa, tutte le mattine, una gazzella… si sveglia già morta.

E il leone corre per non fare la fine della gazzella!

Questa era la buffa versione rivisitata da Aldo Giovanni e Giacomo per uno dei loro spettacoli teatrali, di un famoso proverbio africano.

Umorismo a parte, la versione originale del proverbio, ripropone una situazione reale dove i due animali attivano rispettivamente il sistema di attacco e di fuga per garantire la loro sopravvivenza, il leone cercando di catturare la sua preda e la gazzella tendando di fuggire per non morire.

Ma da che cosa viene attivato questo meccanismo di attacco e fuga?

Tra i vari fattori che intervengono, uno dei principali è l’ansia che, in questo caso, non ha la connotazione negativa che generalmente gli si attribuisce.

L’ansia è un meccanismo fisiologico, evoluzionisticamente determinato, con un importante funzione adatttiva perché predispone tutti i mammiferi a reagire prontamente al pericolo attraverso la rapidissima attivazione delle funzioni neurovegetative (accelerazione del battito cardiaco, aumento della frequenza respiratoria, aumento dell’attenzione e della vigilanza, aumento della tensione muscolare) necessarie a metterli in una posizione di attacco o fuga quando si trovano di fronte a una minaccia.

Questo vale per gli animali quanto per gli esseri umani, per difendersi da qualsiasi cosa possa minacciare la propria vita (reagire velocemente mentre si sta guidando per evitare un incidente rientra nelle reazioni attacco-fuga, perché attiva quei meccanismi neurovegetativi che rendono il nostro corpo pronto a rispondere a una situazione di pericolo).

L’ansia diventa un problema quando si percepiscono ovunque pericoli e minacce, attivando la reazione di “attacco-fuga” anche quando ci troviamo in situazioni assolutamente innocue, ad esempio guidare nel traffico, parlare in pubblico, sostenere un colloquio di lavoro, e così via.

 

Le persone ansiose tendono a preoccuparsi molto per situazioni che dagli altri sono considerate tranquille, vivono in uno stato perenne di allarme, e questo può causare una grave stanchezza, un’intensa suscettibilità, una visione sempre più negativa del mondo, che induce a evitare sempre più situazioni portando all’isolamento.

 

La crisi d’ansia crea un disequilibrio sia a livello fisico che psicologico.

A livello fisiologico possono manifestarsi i seguenti cambiamenti:

  • visione a tunnel (il soggetto ha difficoltà a vedere gli oggetti ai bordi del campo normale di visione e può concentrarsi solo correttamente su oggetti in un campo ristretto);

  • tensione muscolare;

  • senso di oppressione al petto;

  • secchezza delle fauci;

  • sudorazione;

  • nausea;

  • diarrea;

  • vertigini o capogiri;

  • difficoltà di deglutizione;

  • aumento della frequenza respiratoria e cardiaca.

A livello psicologico la persona è portata a interpretare negativamente tutti gli eventi (distorsioni cognitive) con un conseguente stato emotivo negativo. Le distorsioni cognitive più frequenti sono rappresentate da:

  • inferenza arbitraria: trarre conclusioni in mancanza di evidenze sufficienti.

    Ad esempio: vedere dall’altra parte della strada un’amica che non ci saluta e pensare che sicuramente è arrabbiata con noi per qualsiasi motivo, entrare in uno stato d’ansia per questo, senza prendere in considerazione la possibilità che lei non ci abbia visto perchè sovrappensiero;

  • astrazione selettiva: prendere in considerazione solo alcuni aspetti della realtà, tralasciandone altri.

    Ad esempio: avere una crisi d’ansia perché un’amica è venuta a trovarvi e non avevate ancora pulito il vialetto di casa, senza tenere in considerazione che il resto della vostra abitazione era assolutamente pulita e in ordine;

  • generalizzazione: trarre conclusioni da un isolato evento passato, adattandole a situazioni odierne.

    Ad esempio: il ricordo negativo che fa seguito all’aver fatto una figuraccia in una situazione in cui vi erano altre persone, vi porta a temere tutte le situazioni di socialità anche se in contesti assolutamente diversi;

  • pensiero catastrofico: pensare di sapere cosa preserva il futuro, ignorando altre possibilità.

    Ad esempio: credere che nella vita andrà tutto male, che non ci sia via d’uscita, che si è destinati a sopportare gravi pesi.

Cosa si può fare?

Apprendere nuovi e più realistici modi concettualizzare le proprie esperienze, concedendosi di ampliare il proprio punto di vista, introducendo ipotesi e possibilità diverse per spiegarsi gli eventi, interrompendo il circolo vizioso dell’ansia con pensieri più adeguati alla realtà.

…I tuoi pensieri sono solo pensieri… non sono te stesso o la realtà… il semplice atto di riconoscere i tuoi pensieri come pensieri può renderti libero dalla realtà distorta che essi creano… (Jon Kabat-Zinn – 1990).

 

Perciò ricordiamoci: le situazioni rappresentano un pericolo solo se vengono percepite come tali.

Riconoscere che il nostro pensiero è alla base della paura, dell’ansia e del malessere può permetterci di sviluppare nuove capacità che ci consentano di vivere meglio, sia che si sia leoni o gazzelle.

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