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Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) nell’adulto si presenta legato a difficoltà nel mantenere l’attenzione e la concentrazione per un certo tempo, incapacità a controllare gli impulsi (inadeguato autocontrollo), disorganizzazione e influenza il livello di attivazione; sono caratteristici del disturbo anche sensazioni di insoddisfazione e noia. Questi soggetti percepiscono inoltre i compiti come tediosi e li vedono come impossibili da fare; questa visione porta scarsi risultati e demoralizzazione.

Tali problematiche sono associate all’incapacità di controllare il proprio comportamento in relazione al tempo, agli obiettivi e alle richieste dell’ambiente.

I soggetti adulti con ADHD vengono percepiti dagli altri come persone svogliate, incompetenti e improduttivi.

Questa patologia può persistere per tutta la vita: si sviluppa nell’infanzia e può perdurare fino all’età adulta, anche se alcuni dei sintomi caratteristici nel bambino non si manifestano anche nell’adulto, nel quale invece sono comuni problemi associati alla sfera psico-sociale.
Si stima che questo disturbo sia presente in circa il 2,5% della popolazione adulta, con rapporto maschio-femmina 6:1.

Origine dell’ADHD: infanzia

Questo disturbo si presenta maggiormente nei maschi, in un rapporto 2:1 rispetto alle femmine; ha un’incidenza del 3-5% in bambini di età scolare e viene considerato dal DSM-5 un disturbo del neuro-sviluppo. La compromissione in fanciullezza può riguarda re tutti gli ambiti della vita: il livello personale, sociale, scolastico, famigliare o lavorativo. Una prognosi positiva è fortemente correlata a una diagnosi precoce e ad interventi specifici da parte di operatori socio-sanitari e dall’ambiente scolastico.
La sintomatologia è principalmente legata a problematiche comportamentali, che sono influenzate dal QI del soggetto; non ci sono prove di una relazione causale tra predisposizione genetica e ambiente familiare ma un ambiente disfunzionale potrebbe favorire l’insorgenza del disturbo. È evidente però la presenza di un deficit nei circuiti delle funzioni cognitive che coinvolgono le emozioni e la motivazione, circuiti che risultano più piccoli.
Nei bambini sono comuni comportamenti come iperattività (sono sempre in movimento, difficilmente restano seduti per un lungo tempo), impulsività (hanno la tendenza ad agire senza pensare) e difficoltà a concentrarsi per molto tempo; questi aspetti sono spesso legati ad atteggiamenti provocatori ed aggressivi, sentimenti di noia, crisi di collera e frequenti litigi con i pari e gli adulti, violazione delle regole e difficoltà a rispettarle (ad esempio non rispettano i turni di una conversazione o di gioco) con una conseguente difficoltà ad adattarsi socialmente e infine basso rendimento scolastico. Non riescono a rimanere focalizzati su di un compito, non riescono a pianificarlo o completarlo.

Molto spesso questo disturbo è in comorbilità con altri problemi e/o disturbi specifici, infatti 2 ragazzi su 3 con ADHD presentano parallelamente disturbi della condotta, tic, disturbi dello spettro autistico, ansia, difficoltà nell’apprendimento e depressione.

Il trattamento di questo disturbo è di tipo multidisciplinare e comprende farmacoterapia, psicoterapia, supporto emozionale e training; al fine di riuscire ad incrementare la funzione attentiva e diminuire l’impulsività.

Diagnosi nell’adulto

Alcuni dei sintomi dei bambini sono presenti anche negli adulti, altri invece sono esclusivi di questi ultimi:

  • disattenzione cronica, distraibilità, incapacità di mantenere l’attenzione e di completare i compiti, tendenza ad evitare impegni soprattutto se richiedono un certo sforzo mentale, dimenticanze
  • impulsività comportamentale e verbale: agitazione psicomotoria con incapacità a stare seduto, logorrea, agiscono senza pensare, parlano senza rispettare ciò che dicono gli altri
  • disorganizzazione: azioni e pensieri sono casuali, sono caratterizzati dal caos
  • incapacità a mentalizzare e inadeguate competenze sociali
  • frequenti sentimenti di noia e generale insoddisfazione in diversi ambiti, come lavoro e vita quotidiana
  • irritazione in caso di ritardi
  • labilità emotiva.

Soggetti con ADHD che non hanno mai ricevuto diagnosi e trattamenti avranno una maggior predisposizione ad altre forme di disagio come: numerose separazioni e divorzi, maggiori problemi in campo lavorativo, condizioni socio-economiche più svantaggiate e maggior rischio di subire eventi traumatici (ad esempio incidenti stradali). Sono maggiori in questa patologia anche le condotte suicidarie e spesso è correlata con disturbi della dipendenza da alcol e sostanze.

Per tutte le comorbilità descritte qui sopra questo disturbo è difficilmente diagnosticabile in quanto si sovrappone con altri disturbi, utile in questo caso per la diagnosi è richiedere una valutazione sia ad uno psicologo per escludere altre patologie che ad uno psichiatra.

Valutazione dell’ADHD nell’adulto

La valutazione della presenza di tale disturbo deve comprendere diversi elementi: esordio infantile, sintomatologia presente anche in età adulta e problematiche in almeno due delle seguenti aree: famiglia, relazioni interpersonali, lavoro e scuola; la valutazione dovrebbe considerare anche scoppi d’ira, labilità emotiva e altri disturbi correlati.
É auspicabile indagare nell’anamnesi eventuali trattamenti psichiatrici e somatici e analizzare la storia psichiatrica e neurologica famigliare considerando la predisposizione genetica del disturbo.
Attraverso il colloquio clinico per esempio lo psichiatra dovrebbe indagare il funzionamento sessuale e lavorativo, le attività di tutti i giorni, la vita coniugale e familiare e infine le condizioni economiche e sociali. Per avere un’idea più chiara del paziente vengono utilizzati anche strumenti self-report (sottoposti sia al soggetto che alle persone a lui più vicine) e test cognitivi (come ad esempio la WAIS).

Trattamenti in adulti con ADHD

Nella terapia vengono utilizzati diversi trattamenti in modo da proporre al paziente diversi interventi tra loro complementari: psico-educazione sui sintomi, farmacoterapia e psicoterapia cognitivo-comportamentale.

  • L’educazione del paziente (e in genere anche dei cari) permette di comprendere meglio i sintomi e l’invalidità ad essi associata, le disfunzioni cerebrali e il rischio di sviluppare altri disturbi. Questo tipo di trattamento favorisce una miglior gestione delle difficoltà legate alla patologia, rendendo anche i familiari più consapevoli.
  • Il trattamento farmacologico più efficace si basa sugli stimolanti che agiscono sui sintomi e sui comportamenti disfunzionali; essi aiutano il soggetto a gestire meglio eventuali scoppi di rabbia, sbalzi di umore e altri problemi cognitivi.
  • La psicoterapia viene utilizzata con l’obiettivo di modificare ed elaborare credenze negative, comportamenti di evitamento e disturbi dell’umore.

Altri trattamenti

  • Alcuni ricercatori ritengono che gli adulti che presentano questo disturbo trovino difficoltà nello svolgere compiti complessi per l’assenza di motivazione in quanto vengono visti come compiti non urgenti o a scarsa componente emotiva e attrattiva. Una soluzione a tale visione potrebbe essere quella di utilizzare dei timer in modo da generare nel soggetto una percezione di velocità, di bisogno di far veloce.
    Per esemplificare: per invogliare un adulto a pulire i piatti gli si potrebbe fissare un tempo limite in cui deve finire il lavoro, come 8 minuti, stimolando perciò la sua voglia come se fosse una vera e propria gara.
  • Altri autori invece affermano che un metodo efficace sia quello di generare degli imprevisti: il soggetto dovrebbe programmarsi tutti gli impegni della giornata fissando scadenze e ore di partenze per svolgere il compito. Nel momento in cui si generano imprevisti la cosa importante è terminare gli impegni negli orari prestabiliti. 
Ad esempio, quando un soggetto con ADHD deve studiare un libro può decidere di dover preparare 10 pagine in 45 minuti, definendo il tempo di inizio e quando dovrà aver finito.
  • Ulteriore sfida sono le distrazioni che potrebbero far sforare l’obiettivo prefissato. La prima cosa per opporsi alle distrazioni è accorgersi del calo di attenzione. Successivamente bisogna riuscire a controllare tali deconcentrazioni e utilizzarle per rifocalizzare l’attenzione sul compito.

L’improduttività però non è così facilmente individuabile ed è perciò meglio richiedere l’aiuto di un terapeuta.

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